Brexit e l’impatto sulla logistica in Europa: un rischio da mitigare?

Brexit e l’impatto sulla logistica in Europa: un rischio da mitigare?

Ormai è una certezza: la Brexit si farà, i 27 membri dell’UE hanno approvato la bozza di accordo sull’uscita del Regno Unito dall’UE durante una riunione straordinaria del Consiglio Europeo. La domanda da porsi ora è la seguente: quale sarà l’impatto per le supply chain in tutta Europa?

Negli ultimi mesi, numerose voci hanno espresso la propria preoccupazione riguardo alla Brexit. In primavera per esempio gli armatori europei hanno richiesto un incontro con la Commissione per i Trasporti e il Turismo del Parlamento europeo per discutere dell’impatto della Brexit sui trasporti marittimi. «È fondamentale – ha detto il Segretario generale dell’European Community Shipowners’ Associations (ECSA), Martin Dorsman – che l’UE continui ad essere una regione competitiva per le compagnie di navigazione marittima.  Ciò significa parità di condizioni e stretta cooperazione UE-Regno Unito. Riteniamo che l’UE e il Regno Unito debbano diventare modelli quanto alle norme e agli standard internazionali per lo shipping e per il commercio globale in generale». 

Non dobbiamo infatti dimenticare che già nel 1849 il Regno Unito abolì tutte le restrizioni relative alla bandiera e che, avendo aderito all’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) sin dai suoi albori nel 1961, il paese è obbligato a tenere aperti i propri scambi commerciali internazionali alla libera concorrenza. 

Come una valanga, la reazione a catena innescata dalla Brexit sta colpendo tutti.

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L’industria inglese del food ha criticato aspramente le possibili implicazioni tecniche della Brexit. “Gli agricoltori potrebbero dover affrontare un embargo per molti dei loro prodotti, una grave minaccia alle loro imprese e al loro sostentamento, che avrà effetti devastanti – afferma Minette Batters, presidente del Sindacato Nazionale degli Agricoltori -. Sollecitiamo tutti coloro che partecipano alle negoziazioni a raggiungere un accordo che permetta lo svolgimento di attività di commercio libere e senza frizioni tra UK e EU.”

Da un sondaggio su oltre 1.300 responsabili della catena di approvvigionamento del Regno Unito e dell’UE, condotto dal Chartered Institute of Procurement & Supply, emerge che un dirigente su dieci è convinto che la propria azienda rischia il fallimento se le merci dovessereo bloccarsi anche solo per 10-30 minuti alla frontiera. I ricercatori dell’Imperial College di Londra stimano che solo due minuti extra di controlli potrebbero più che triplicare le code esistenti nei porti, portando a code in autostrada lunghe fino a 29 miglia.

Proprio per questo, rivela il sondaggio, un quarto delle imprese britanniche sta pianificando di mettere da parte merci preventivamente, immagazzinando quegli articoli che, a partire da marzo 2019, potrebbero subire ritardi. Il 4% delle aziende ha già iniziato a farlo.

La situazione più drammatica, però, è in UK. Per quanto si cerchi di mitigarlo attraverso un accordo che protegga il commercio tra UE e UK, sarà comunque devastante l’impatto che la Brexit avrà sull’economia inglese. Secondo alcuni dati (Statista 2018 se il Regno Unito lasciasse l’Unione doganale e il mercato unico nel 2021, entro il 2030 il suo PIL diminuirebbe del 3,9%, il commercio totale con l’UE del 46% e gli investimenti esteri del 21%. Una scelta, quella di uscire dall’UE, che potrebbe costare al Regno Unito fino a £100 miliardi all’anno.

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